Oggi definitivamente il corpo terreno di Papa Francesco lascia i nostri occhi in attesa del tempo della sua resurrezione. Ma il suo pontificato lascia alla chiesa, ai cristiani e a tutti gli operatori di pace un insegnamento che non potrà essere ignorato.
Il contenuto dei suoi insegnamenti sono condensati in due Encicliche che affrontano i temi cruciali del nostro tempo il rapporto tra uomo e pianeta, il rapporto tra gli uomini nella fratellanza universale.,
LAUDATO SII (2015) dice parlando del pianeta Terra:
Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.
LAUDATO SII [1,2]
FRATELLI TUTTI (2020) parlando di Francesco d’Assisi dice:
Egli non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio. Aveva compreso che «Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). In questo modo è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna, perché «solo l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente sé stesse, si fa realmente padre».[4] In quel mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive, le città vivevano guerre sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili delle periferie escluse. Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti.
FRATELLI TUTTI [2]

Ma e’ nella sua ultima enciclica che traccia il senso del suo messaggio e precisa come l’amore sincero e incondizionato di Dio, il suo bisogno di amore da parte dell’uomo e l’amore tra gli uomini sono la benzina delle opere. L’azione di riparazione del male attraverso le opere di amore espressione dell’amore di Cristo.
DILEXIT NOS (2024) che dice nelle sue conclusioni:
Vediamo così come nel cuore di ogni persona si produca questa paradossale connessione tra la valorizzazione di sé e l’apertura agli altri, tra l’incontro personalissimo con sé stessi e il dono di sé agli altri. Si diventa sé stessi solo quando si acquista la capacità di riconoscere l’altro, e si incontra con l’altro chi è in grado di riconoscere e accettare la propria identità.
È un amore che diventa servizio comunitario. Non mi stanco di ricordare che Gesù l’ha detto con grande chiarezza: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Egli ti propone di trovarlo anche lì, in ogni fratello e in ogni sorella, soprattutto nei più poveri, disprezzati e abbandonati della società. Che bell’incontro!Pertanto, se ci dedichiamo ad aiutare qualcuno, non significa che ci dimentichiamo di Gesù. Al contrario, lo troviamo in un altro modo. E quando cerchiamo di sollevare e guarire qualcuno, Gesù è lì accanto a noi. Infatti, è bene ricordare che quando mandò i suoi discepoli in missione «il Signore agiva insieme con loro» (Mc 16,20). Egli è lì, lavora, lotta e fa del bene con noi. In modo misterioso, è il suo amore che si manifesta attraverso il nostro servizio, è Lui stesso che parla al mondo in quel linguaggio che a volte non può avere parole.
DILEXIT NOS 8-213-214
Francesco ci lascia con queste bussole nel guado della trasformazione in atto. Questo e’ un periodo buio che va affrontato con forza e speranza in un ottica di fratellanza universale impossibile senza uno sguardo Misericordioso verso l’altro e verso la nostra casa Terra. Ecco come Recalcati in un recente articolo traccia la profezia di Francesco, il suo sconvolgente messaggio che ci riporta al messaggio sconvolgente e salvifico di Cristo.
Il pontificato di Papa Francesco ha segnato, sin dalla scelta del suo nome, una profonda rottura nel linguaggio codificato della Chiesa. La sua voce non è mai stata quella di un sovrano che guida con mano ferma il suo popolo o che difende con perizia teologica l’autorità incontrovertibile dei dogmi, ma quella di un pastore che si sporca le mani, che si piega sulle miserie umane senza mai impugnare il bastone inumano della condanna. Francesco non è il papa della Legge e del suo timore, ma quello della Grazia e della salvezza immeritata che essa rende possibile. Per queste ragioni, nel suo pontificato, la parola chiave è la parola “misericordia”. E’ il messaggio più radicale di Gesù che, citando il profeta Osea, afferma: “misericordia io voglio, non sacrifici” (Mt, 9,13). Non si tratta ovviamente di una semplice esortazione morale, ma di un taglio sovversivo nel tessuto simbolico della Legge. Il perdono e l’amore, ai quali la figura della misericordia rinvia, rompono drasticamente con il carattere solo vendicativo e ritorsivo della Legge per aprire lo spazio inaudito di una nuova possibilità. Il peccato, in questa prospettiva, non è una macchia indelebile, ma una condizione umana che può essere attraversata, compresa e pienamente accolta. È il peccato di Pietro che rinnega, di Tommaso che dubita, di Saul che perseguita. E’ il peccato che può essere sempre convertito in un nuovo inizio. E’ l’acqua putrida che nelle nozze di Cana diviene vino sublime. E’ il paralitico che si rialza dopo che per anni la sua vita era rimasta bloccata senza speranza. In questo senso la Legge di cui Francesco è testimone non coincide mai con l’applicazione normativa dei suoi precetti, ma, per dirla con Levinas, essa si incarna nel volto dell’Altro, nell’appello incondizionato alla fratellanza che questo volto porta con sé. Il Dio di Francesco non è il giudice implacabile che incute paura, né l’impersonalità metafisica di una Legge senza cuore, ma il padre che “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i giusti” (Mt, 5,45). In questo senso la misericordia è il resto irriducibile della Legge, il suo “seme santo”, come direbbe Isaia, ovvero ciò che sfugge alla logica del calcolo e del merito, ciò che eccede il meccanismo legalistico della retribuzione simmetrica. Come insegna la parabola evangelica del buon samaritano la fede non è l’adesione ad un dogma, ma la cura della ferita. E’ l’immagine della Chiesa come “ospedale da campo” proposta da Francesco. Ma è anche l’immagine di questi giorni del suo stesso corpo malato, costantemente in bilico tra la vita e la morte. Nondimeno, è anche il suo stile di parola, il suo modo obliquo e zoppicante di muoversi nello spazio, la sua gestualità fraterna, il suo senso gioioso dell’umorismo. Francesco è un Papa che sa toccare, abbracciare, sorridere, mostrare senza riserve la sua fragilità.
Tratto da un Articolo di Massimo Recalcati
Di fronte al corpo mortale di Francesco che si eclissa alla luce del mondo terreno preghiamo/speriamo che la Chiesa, i cristiani, tutti gli uomini di buona volontà possano essere all’altezza di dare frutto a questi preziosi insegnamenti. La solitudine lasciata da un padre che se ne va, apre la responsabilità dei figli che rimangono.