Salari e produttività sono strettamente legati e se non si interviene sulla produttività, il lavoro in Italia continuerà a valere meno di quanto dovrebbe.
Secondo l’Ocse, l’Italia è l’unico Paese europeo in cui i salari reali nel 2020 erano inferiori a quelli del 1990, con un calo del 2,9%, peggiorato nel 2022 con un ulteriore -7,3%. I dati Inps del 2023 mostrano che oltre 10,9 milioni di lavoratori dipendenti privati hanno guadagnato meno di 25.000 euro lordi annui; più di 6 milioni sotto i 15.000 euro, cioè meno di 1.000 euro netti al mese.

Questi salari bassi riducono la capacità di spesa delle famiglie, compromettendo la crescita economica in un Paese come l’Italia che dipende fortemente dalla domanda interna.
Anche sul piano demografico, la situazione è grave: nel 2024, 156.000 italiani sono emigrati, a fronte di soli 53.000 rientri. Dal 2011 al 2023, si stima che oltre un milione di giovani under 35 abbia lasciato il Paese. Questo esodo impoverisce l’Italia, privandola dei suoi talenti migliori. C’è poi un legame diretto tra bassi salari e bassa produttività: nel 2023 la produttività è calata del 2,5%, e la crescita media annua negli ultimi 30 anni è stata dello 0,4%, contro l’1,1% della media UE.
Una fotografia impietosa ma lucida di un sistema che si sta impoverendo, senza strategie di rilancio credibili.
A complicare ulteriormente il quadro del lavoro in Italia c’è l’esistenza di 976 contratti collettivi nazionali, oltre 200 dei quali “pirata”, cioè firmati da sigle prive di reale rappresentatività (Cnel, 2024). Questo indebolisce la contrattazione collettiva, crea dumping salariale e disorienta lavoratori e imprese.
Serve una strategia organica, che punti su:
- Formazione continua e riqualificazione professionale;
- Innovazione tecnologica e transizione digitale;
- Sostegno alla transizione ecologica, con creazione di posti di lavoro qualificati;
- Contrattazione collettiva trasparente e rappresentativa;
- Parità di genere e inclusione delle nuove generazioni.
Solo così si può creare occupazione stabile e di qualità e fermare l’erosione di valore del lavoro in Italia.
L’analisi complessiva mette in luce come l’attuale sistema sia bloccato da salari stagnanti, produttività bassa, emigrazione giovanile e contratti frammentati. Senza una svolta strutturale, il Paese continuerà a perdere competitività e capitale umano.
senza investimenti in tecnologia, formazione e organizzazione, i salari non possono crescere. Non basta creare lavoro: bisogna restituire dignità e valore economico al lavoro. Altrimenti, il declino continuerà.